Nella cultura contemporanea sono veramente pochi i personaggi che incarnano a tutto tondo la figura dell’artista come la calza alla perfezione David Lynch, quest’americano originario del Montana e di vaghe origini finlandesi, che ha eletto Los Angeles a sua patria insostituibile per via della “luce magnifica”, introvabile altrove (come afferma nel suo libro In acque profonde), un ometto alto, con lo sguardo ipnotico, il sorriso sempre a mezz’asta, uno dei pochi che si può permettere senza possibilità di replica di affermare con fierezza: “Il film è mio e ci metto tutti i conigli che voglio.”
NASCITA DELL’ARTISTA
Come racconta il magnifico documentario David Lynch – The Art Life, Lynch nasce artista, ma prima di tutto vuole essere un pittore, e per diventarlo frequenterà molte scuole prestigiose (a Washington D.C. e Boston), dove affinerà il suo gusto e la sua creatività, fin da subito visionaria e magmatica. Rapito dall’opera di Oskar Kokoschka, partirà per l’Europa, ma dopo aver passato solo 15 giorni a Salisburgo, tornerà indietro con le pive nel sacco e la certezza che quella città non aveva nulla che potesse ispirarlo. L’arrivo a Filadelfia, nel 1966, sarà per lui fondamentale: si iscriverà alla Pennsylvania Academy of Fine Arts e comincerà a sperimentare con il mezzo cinematografico, realizzando il suo primo cortometraggio Six Figures Getting Sick, per il quale racconta di essere stato ispirato da un quadro: “ È stato uno dei miei quadri. Non ricordo quale ma si trattava di un dipinto quasi completamente nero. C’era una figura che occupava il centro della tela. Quindi mentre stavo osservando la figura nel quadro ho avvertito un leggero spostamento d’aria e ho colto un piccolo movimento. E ho desiderato che il quadro fosse realmente in grado di muoversi, almeno per un po’.” (da Chris Rodley, a cura di, Lynch secondo Lynch)
CORTOMETRAGGI COME QUADRI IN MOVIMENTO
Il suo secondo corto è del 1968 e intitola The Alphabet “Groviglio di tecniche, forme, ritmi. […] Tutto ha un che di incombente e di intenso, raro nei film d’animazione “artistica” in cui è generalmente semplice e rarefatto. E’ paradossale se si pensa all’esercizio formale che il tema lascia supporre; qui le lettere si sono velocemente moltiplicate nel tempo e nello spazio in un disordine apparente.” (Michel Chion, David Lynch, Torino, Lindau, 1995, pp. 24-34)
Il 1970 segna la svolta: Lynch è sedotto dal cinema e abbandona la pittura per concentrarsi definitivamente sulle immagini in movimento. Dopo aver vinto una sovvenzione di 5000 dollari da parte dell’American Film Institute dirige The Grandmother, che si può già definire un piccolo film della durata di 34’ minuti, dove, seppur filtrata dal sogno e dalle visioni germinanti, il regista racconta una storia: quella di un bimbo che, maltrattato dai genitori, fa crescere una nonna rassicurante e paciosa da un seme. Il film è girato interamente nella casa del regista, le cui pareti furono dipinte completamente di nero per l’occasione.
LA MENTE CHE CANCELLA
Trasferitosi a Los Angeles nel 1971, grazie ad una sovvenzione dell’AFI, Lynch inizia le riprese del suo primo lungometraggio, Eraserhead – La mente che cancella. Dopo pochi mesi di lavorazione il budget è già finito e il film si pianta: Lynch, che nel frattempo si era sposato e stava per diventare padre (e il film rispecchia in pieno il suo familiare spaesamento di fronte ad un evento così comune quanto definitivo come quello di diventare genitori e mettere alla luce un essere altro da te), si indebita, perde la casa, si riduce a dormire sul divano di amici e a consegnare giornali all’alba tutte le mattine per riuscire a terminare la sua opera prima. Nelle pause forzate di lavorazione dirige un altro corto, The amputee, scritto e realizzato in un solo giorno sfruttando due videocassette di prova che un suo amico doveva testare per conto dell’AFI: 5 minuti di riprese di una donna amputata che legge amabilmente il giornale mentre il marito le medica le ferite ( Lynch figura anche come attore).
Ci vorranno almeno 3 anni perché Eraserhead sia terminato, la cui realizzazione era finita per diventare essa stessa avventura e opera creativa fondante per tutti gli elementi che vi avevano preso parte. Ricorda Lynch: “Jack Nance (il protagonista, n.d.r.) mi aspettò per tre anni conservando il ricordo del personaggio, tenendolo in vita. C’è una scena del film in cui si trova davanti ad una porta chiusa, e solo un anno e mezzo dopo girammo la scena in cui la varcava. “
Lynch parla di Eraserhead come il suo Scandalo a Filadelfia (film di George Cukor del con Katharine Hepburn e Cary Grant), spiegando che per lui riflette la paura, lo spaesamento, il disagio provato nei primi anni a Filadelfia quando ha cominciato a vivere da solo e fare le sue prime esperienze, anche sessuali e poi, genitoriali (con cosa Lynch abbia realizzato il bimbo mostruoso che mettono alla luce i protagonisti del film resta e deve restare per sempre un mistero). Il film, come è chiaro rivedendolo oggi, non ebbe alcun successo al botteghino, ma presto cominciò a circolare nei cinema d’essai dove veniva proiettato a mezzanotte ( il documentario Midnight Movies di Stuart Samuels racconta bene questa pratica, grazie alla quale moltissimi film sono diventati leggendari), e sarà conosciuto e osannato dalla critica che ne parlerà come uno dei più promettenti rappresentanti del cinema d’avanguardia postindustriale in campo. Lynch non perde tempo, e realizza The Elephant Man (1980), prodotto da Mel Brooks (che fu molto colpito dalla visione di Eraserhead e decise di scommettere sul regista): questo biopic basato sulla vera storia di Joseph Merrick, uomo vissuto in età vittoriana affetto da terribili deformità congenite, gli varrà ben 8 Nomination agli Oscar e ad oggi il maggior incasso al botteghino nella carriera di Lynch, oltre ad un contratto con uno dei produttori di punta del periodo, Dino De Laurentis.
BLUE VELVET
Il risultato della loro collaborazione, però, cominciò con un fiasco completo: Dune, (adattamento del romanzo di fantascienza di Frank Herbert) non sarà il kolossal che De Laurentis sperava, ma un film a suo parere “senza capo né coda”, i cui ripetuti rimaneggiamenti su montaggio e durata renderanno ancora più ibrido e anonimo, e spingeranno Lynch, da qui in avanti, a pretendere il final cut da tutti i produttori con cui lavorerà in seguito.
Il secondo progetto prodotto da De Laurentis, invece, sarà Velluto blu (1986), la storia di uno studente del college (Kyle MacLachlan, già protagonista di Dune) che trova un orecchio mozzato in un giardino e indaga sulla sua provenienza: con questo film Lynch sembra aver trovato la sua strada, e delineato le fondamenta di quello che verrà sapientemente definito il “teatro del Perturbante (Unheimlich) come teorizzato da Freud” (Daniele Dottorini, Il Cinema del sentire, Genova, Le Mani, 2004): vedendo un film di Lynch non siamo terrorizzati, ma proviamo una sorta di strano, familiare disagio, come se qualcosa fosse fuori posto in un luogo conosciuto, ma non riuscissimo a definire cosa.
Velluto blu segna anche la grandissima interpretazione di Isabella Rossellini e l’inizio della collaborazione di Lynch con Angelo Badalamenti, che diventa un vero e proprio marchio di fabbrica dello stile lynchiano.
A fine anni ’80 Lynch incontra il produttore televisivo Mark Frost e, dopo aver abbandonato un progetto sulla vita di Marylin Monroe, darà vita ad una delle serie tv più famose e amate di tutti i tempi, Twin Peaks, che racconta le vicende strane e inquietanti che coinvolgono una piccola cittadina. La serie è incentrata sulle indagini dell’agente dell’FBI Dale Cooper (ancora Kyle Mac Lachlan) riguardo alla morte di Laura Palmer, una studentessa del liceo. Le indagini porteranno alla luce segreti inquietanti sulla cittadina e i suoi abitanti. La serie debutta nel 1990 sulla ABC e diventa fin da subito un fenomeno popolare: Lynch dirigerà l’episodio pilota e sei episodi, me scriverà altri e in alcuni apparirà anche come attore. Sono gli anni del maggior successo del regista, che finirà anche in prima di copertina sul Time, ma si disaffezionerà al progetto, perché l’ABC insiste con il voler svelare l’omicida della Palmer, mentre per Lynch dovrebbe rimanere un mistero fino alla fine. Da questa disaffezione nascerà Cuore selvaggio, un folle crime road movie con protagonisti Nicolas Cage e Laura Dern, che vincerà la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Tra Twin Peaks e Cuore Selvaggio, però, c’è Industrial Symphony No. 1: The Dream of the Broken Hearted, uno spettacolo dal vivo ideato e diretto da David Lynch e Angelo Badalamenti per la Brooklyn Academy of Music, messo in scena il 10 Novembre 1989, che Lynch descrive: “ uno spettacolo musicale con effetti sonori e musica e…azione sul palco. Ed ha qualcosa a che fare con, uhm, una relazione che finisce.”
FUOCO CAMMINA CON ME
Dopo la cancellazione della serie Twin Peaks, Lynch si riappropria del progetto e ne scrive un prequel, Fuoco cammina con me (1992): il film piace a pochi (anche se diventa un cult in Giappone), vanta tra i suoi protagonisti anche la rock star David Bowie e dimostra definitivamente che Lynch, oramai, si può permettere di fare quello che vuole, “smontando e rimontando a suo piacimento il suo giocattolo audiovisivo. Se Twin Peaks era stato un esercizio di decostruzione applicato ai meccanismi narrativi e alle dinamiche della messa in scena nel campo della serialità televisiva, Fire walk with me […] appare come una parodizzazione ulteriore della serie; è il concentrato di una narrazione diluita in trenta episodi eppure, in qualche modo, ci mostra qualcosa che nella serie non abbiamo potuto vedere, solo immaginare in parte, attraverso rimandi, frammenti di ricostruzioni. Ciò che in Twin Peaks era trattenuto, congelato, qui esplode in modo virulento.” ( Bruno di Martino nel booklet dell’edizione Raro Video del film).
VERSO MULHOLLAND DRIVE
Adesso Lynch è pronto a dirigere quel noir caotico e straniante che è Strade perdute (1997), scritto con l’autore del romanzo da cui è tratto, Barry Gifford e interpretato da Bill Pullman e Patricia Arquette, virare e sorprendere tutti facendo produrre dalla Disney Una storia vera (1999), linearissima e strappalacrime storia di un uomo che percorre 600 km su un trattore per raggiungere il fratello con cui ha rotto da anni, e quello che doveva essere l’episodio pilota di una serie e diventerà uno dei suoi film più enigmatici e citati, Mulholland Drive (2000), una storia labirinto a cerchio ribaltato ambientata a Los Angeles con Naomi Watts, Laura Harring e Justin Theroux.
Non demorde con le serie, ma stavolta si dà al surreale e al politicamente scorretto, realizzando una sitcom impersonata da conigli, Rabbits (distribuita attraverso il suo sito ufficiale) e Dumb Land, il cui protagonista è un omaccione americano medio, corpulento e violento, alle prese con parenti e amici in un contesto quotidiano alienato e alienante, dove Lynch esprime a pieno il suo concetto di divertente: “ Se vedo un uomo che sbatte più volte contro un muro, e alla fine si ritrova in un lago di sangue, dopo un po’ mi metto a ridere, perché la scena è diventata assurda.” (David Lynch, Sulla mia Pittura, in Panta, 1994)
Dal 2005, Lynch lavora al suo nuovo film, Inland Empire – L’impero della mente, interpretato da Laura Dern, Harry Dean Stanton, Justin Theroux e Jeremy Irons, interamente in digitale: “ un mistero su una donna in pericolo”, lo descrive, e lo presenta alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2006, dove riceve il Leone d’Oro alla Carriera.
Lynch continua a dipingere, a comporre musica, ha da anni intrapreso la via della meditazione trascendentale diventandone anche un guru a livello internazionale, continuando e pensando sempre di più che: “L’idea è tutto. Non tradirla e ti dirà tutto ciò che c’è da sapere, sul serio.” ( Sempre dal suo libro In acque profonde).
Nel 2011 cattura con la sua verve espressionista oramai dedita al digitale il concerto dei Duran Duran al Mayan Theater di Los Angeles, dirigendo la band simbolo degli anni ’80 in streaming, esperimento da cui è nato Duran Duran Unstaged
RITORNO A TWIN PEAKS
Dopo annunci, smentite, ri-annunci e nuove smentite David Lynch, insieme a Mark Frost, ha realizzato 18 nuovi episodi de I segreti di Twin Peaks,“Un film lungo 18 ore”, come lo ha definito lo stesso Lynch: 217 attori, molti dei quali delle annate precedenti (anche la Signora del Ceppo, morta nel 2015) e lo stesso Lynch nei panni dell’agente Gordon Cole, sordo e goloso di ciambelle, e nuove guest star del calibro di Monica Bellucci, Tim Roth, Laura Dern, Jim Belushi. Voi lo avete visto?
Da poco On Demand ed in DVD vi proponiamo Lynch/Oz di Alexandre O. Philippe, un documentario suggestivo che indaga i legami tra l’opera di David Lynch ed il capolavoro fiabesco di Victor Fleming Il mago di Oz, avvalendosi dell’aiuto di guide d’eccezione come John Waters, Rodney Asher, Karyn Kusama David Lowery ed il regista stesso.