“Ci deve essere qualcosa dopo, altrimenti mi arrabbio!” Argomentava Bud Spencer, nato e cresciuto Carlo Pedersoli a Napoli nel 1929 (“Quando c’era un po’ di guerra. Ero grandicello e me la ricordo.”) in una delle ultime interviste concesse qualche anno fa (a Repubblica). “M’hai fatto alzare ogni mattina per ottantasette anni per non andare, alla fine, da nessuna parte? Io, di fronte a tante cose enormi che non comprendiamo, mi posso attaccare solo a lui. E sperare che quando mi chiamerà, mi si chiarirà tutto. Perché oggi, mi dia retta, non si capisce proprio più niente”. Se ne è andato lunedì pomeriggio ad 86 anni l’omone buono che ha fatto ridere e sognare generazioni di bimbi, ragazzini e poi adulti affezionati; il papà, il nonno ed il bis nonno di un modo buono di intendere la cultura popolare e il portatore (sempre sano) di una filosofia di cinema e di spettacolo che ha reso la violenza ridicola e speciale (come il suo cazzotto a martello, che non ce lo scordiamo, ha inventato lui), ed il mondo un posto giusto dove se dai un cazzotto a me io lo do a te, tutti rimbalzano, nessuno si fa male e possiamo sempre condividere un piatto di fagioli in serenità, prima di ripartire all’avventura.
Nato a Napoli, dicevamo, ma in fuga per seguire il lavoro del padre che prima lo porta a Roma, poi a Buenos Aires, poi di nuovo a Roma, Bud capisce di poter sfruttare il suo corpo per uno sport che gli riesce alla perfezione: il nuoto. Entrerà nella storia per essere stato il primo italiano a infrangere la barriera del minuto netto nei cento metri stile libero; in seguito verrà convocato per la Nazionale, parteciperà agli Europei di Vienna, vincerà due medaglie ai Giochi del Mediterraneo del 1951 in Egitto.
Sembra che la sua direzione sia ormai tracciata, quando Bud spariglia le carte: la vita dello sportivo è troppo inquadrata e lui vuole fare altre esperienze. Torna in America Latina ed inizia una serie infinita di mestieri; quando si decide a tornare a Roma sposa finalmente Maria Amato, conosciuta 15 anni prima, di sei anni più giovane e figlia del proprietario di sale e produttore cinematografico Giuseppe Amato, che diventerà la madre dei suoi tre figli.
Pedersoli intanto è diventato un paroliere della musica italiana tramite la RCA (scrive testi per Ornella Vanoni, Nico Fidenco e anche qualche colonna sonora) e produce documentari per la RAI. Lentamente si avvicina ai set (per adesso solo qualche comparsata: Quo Vadis, Quel fantasma di mio marito), che all’inizio non saranno clementi con lui. Giuseppe Colizzi, quando lo provina per Dio perdona…io no! nel 1967, non è soddisfatto dell’incontro, e oltretutto questo sconosciuto chiede il doppio della paga! Ma il regista non riesce a trovare nessuno della sua stazza fisica da opporre a Mario Girotti e alla fine il ruolo è il suo. L’abitudine di americanizzare un po’ tutto e tutti porta i due novelli compari a cambiarsi i nomi in versione esterofila: Carlo sceglie Bud per la birra e Spencer per il suo grande amore per Spencer Tracy e la storia è fatta. Da allora i due gireranno insieme 18 film, tra spaghetti western in chiave parodica come I Quattro dell’Ave Maria sempre di Colizzi (1968) e il duetto dal successo miliardario Lo chiamavano Trinità (1970) e …continuavano a chiamarlo Trinità (1970) di E. B. Clucher, film d’avventura ambientati in luoghi improbabili (Il corsaro nero di Vincent Thomas, 1970; …più forte ragazzi!, 1972 di Giuseppe Colizzi …altrimenti ci arrabbiamo! 1974 di Marcello Fondato), buddy movie di vario stampo dove i due ne combinano di cotte e di crude e non si fanno mancare lo sganassone facile ( I due superpiedi quasi piatti di E. B. Clucher, 1977; Pari e dispari di Sergio Corbucci, 1978; Nati con la camicia, 1983 e Non c’è due senza quattro 1984, sempre di E. B. Clucher, Miami Supercops di Bruno Corbucci, 1985).
Il successo della coppia raggiunge picchi inauditi (i primi Trinità di Clucher mandano in tilt il box office sfiorando gli 8 miliardi e mezzo), tanto da consacrarli un’unica icona in due, Bud Spencer & Terence Hill, compagni amici/nemici di avventure mirabolanti ai limiti dell’immaginabile.
Ma Bud balla bene anche da solo, sia quando si tratta di spaghetti western (Oggi a me…domani a te! di Tonino Cervi, 1968; Si può fare… amigo! di Maurizio Lucidi, 1972), sia per le commedie action ( la saga di Piedone diretto da Steno; Charleston di Marcello Fondato, 1977; Banana Joe sempre di Steno, 1982; Cane e gatto di Bruno Corbucci – qui al suo fianco Tomas Milian, 1983) che nei film d’autore. Bud Spencer infatti sarà diretto da Giuliano Montaldo in Gott Mitt Uns – Dio è con noi nel 1970, da Dario Argento nel suo esordio 4 mosche di velluto grigio, 1971; da Carlo Lizzani nel poliziesco Torino nera e pure da Ermanno Olmi, che lo vorrà nel ruolo del Vecchio Capitano Andorrano nel suo bellissimo Cantando dietro i paraventi (2003).
La scissione con Girotti darà i frutti maggiori in TV, quando gli incassi incredibili del boxoffice iniziano a calare e c’è bisogno di aggiustare il tiro. Se Terence Hill vestirà i panni dell’etereo Don Matteo, Bud si reinventerà Detective Extralarge diretto da Enzo G. Castellari e da Alessandro Capone.
Nonostante tutto quello che significa Bud Spencer per il pubblico italiano e mondiale ( i suoi film hanno tutti un grandissimo successo all’estero ancora oggi) e il grande e diffuso senso di sconforto che la notizia della sua scomparsa ha generato in pochissime ore nella comunità web e non solo, Bud Spencer è sempre stato molto umile, attribuendo il suo successo al cinema al suo pubblico (“Io distinguo due tipi di successo: quello che ho avuto nello sport e quello nel cinema. Il primo è mio e non me lo leva nessuno. Il secondo è quello che il pubblico ha deciso di darmi e che mi ha permesso di fare 120 film.” intervista di Tiziana Lupi su Avvenire, 2009). Quel “Grazie” che ha pronunciato come ultima parola ai suoi familiari, quindi, ci piace credere che il grande Bud lo abbia detto un po’ anche a noi, che continueremo a volergli bene, divertendoci a ritrovarlo in piena forma, dolce supereroe senza fumetto all’origine, tra un cazzottone ed un altro.