E’ dura la battaglia, ma noi vogliamo farcela! Già più di 100 appassionati di cinema hanno pre-acquistato l’Edizione Speciale di Intolerance di David Wark Griffith, che sarà realizzata solo al raggiungimento di 300 copie. Chiedendo ancora il vostro prezioso supporto, vi diamo un’ottima notizia: grazie alla casa Editrice Il Castoro il booklet all’interno dell’Edizione Speciale conterrà un estratto dalla pregevole monografia su David Wark Griffith di Paolo Cherchi Usai. Oltre all’intervento di Cherchi Usai, il Booklet sarà arricchito dall’analisi dell’opera della curatrice del progetto, la studiosa Lucia Pavan, e da un ricco apparato fotografico. Ecco in esclusiva per voi un brano dall’estratto della monografia David Wark Griffith che verrà riportato nel booklet:
Il legame fra l’episodio moderno di Intolerance e il filo conduttore del film è indiretto: l’intolleranza prende qui la forma dell’ingiustizia, dell’egoismo, della pulsione di morte che è alla radice della condizione umana; l’amore – un amore puro, fraterno, platonico – è il suo unico antidoto. Il costante, disperato dibattersi dell’individuo contro il lato demoniaco del proprio essere è il vero “montaggio parallelo” di Griffith, l’unica dialettica in cui egli crede veramente, l’unico motivo per cui vale la pena combattere. La corsa per salvare il Ragazzo dell’episodio moderno non è che una delle infinite espressioni della lotta contro il Male ontologico: Griffith si documenta sulle tecniche di costruzione dei patiboli, rende visita con Billy Bitzer e Karl Brown alla prigione di San Quentin, rabbrividisce di fronte allo strumento della pena capitale, ai tredici gradini della scala che porta il condannato al luogo dell’impiccagione, al meccanismo in virtù del quale nessuno dei tre boia saprà mai chi di loro ha fatto scattare la botola sotto i piedi della vittima. Griffith si rifà anche in questo caso a un fatto realmente avvenuto, il caso dell’immigrato tedesco Charles F. Stielow, un ritardato mentale accusato di omicidio per errore e condannato a morte nel 1915. «Lo hanno preparato quattro volte alla sedia elettrica», dice Griffith a un giornalista di «Photoplay» (novembre 1916), «e per quattro volte lui e la sua famiglia hanno sofferto l’indicibile agonia che precede la scossa letale. Quello che lo ha salvato è esattamente ciò che ha salvato il ragazzo del mio film; il vero assassino ha confessato, la grazia è arrivata proprio nell’istante in cui la vittima era pronta a sedersi sulla sedia, i pantaloni già tagliati per l’applicazione degli elettrodi».
Paolo Cherchi Usai – David Wark Griffith
©2008 Editrice Il Castoro