Siamo a più di un terzo del percorso per realizzare l’Edizione Speciale e Limitata del capolavoro di Gillo Pontecorvo La battaglia di Algeri, e possiamo darvi alcuni aggiornamenti sull’edizione, che sta diventando sempre più ricca e preziosa. Se, infatti, raggiungeremo entro il 13 Aprile l’obbiettivo minimo di 300 pre-acquisti, oltre a proporre in DVD e Blu-Ray la versione del film restaurata in 4K da Fondazione Cineteca di Bologna, inseremo anche degli extra esclusivi. In aggiunta all’intervista a Gillo Pontecorvo del regista Carlo Lizzani, ci sarà un documento raro ed inedito: uno slideshow con foto della Liberazione dell’Algeria e audio proveniente da un nastro di proprietà della famiglia Pontecorvo, probabilmente una registrazione effettuata durante una manifestazione che si è svolta durante le feste per la Liberazione, a cui hanno assistito Gillo Pontecorvo e Franco Solinas. Nel Blu-Ray, inoltre, ci sarà anche la versione del film in lingua originale franco-araba sottotitolata in italiano del film. Qui sotto potete leggere in esclusiva per voi un brano estratto dal Booklet curato da Lucia Pavan che troverete nell’edizione:
Tra i pochissimi membri della troupe italiana c’era, ovviamente, l’eccezionale e compianto Marcello Gatti che aveva istruito sul posto alcuni elettricisti algerini, fonte per lui di grande soddisfazione, in particolare un giovane, Ali Maroc, che sarebbe poi diventato un eccellente fotografo. Gatti aveva già lavorato con Gillo a Kapò e conosceva i desideri del regista: restituire, attraverso il bianco e nero, la sensazione di verità con cui i grandi eventi internazionali erano trasmessi dai newsreel. Nei reportage televisivi venivano spesso utilizzate delle lenti telescopiche che consentono all’operatore di rimanere lontano dalle zone di pericolo. In una splendida intervista a Piernico Solinas che accompagnava la pubblicazione della sceneggiatura in America, Gillo racconta che, “the human eye is like a 32mm focal lens while the mass media audience is accustomed to seeing through the 200mm or 300mm lens” (l’occhio umano è come una lente di 32mm mentre gli spettatori sono abituati a vedere attraverso lenti da 200mm o 300mm). Non solo: gli effetti granulosi che normalmente si osservavano nei notiziari dipendevano dal fatto che spesso l’originale negativo veniva smarrito o rovinato e si dovevano giocoforza ottenere nuovi negativi prodotti da positivi: si tratta del cosiddetto processo di controtipaggio. Tale passaggio implica un aumento significativo del contrasto. Nei servizi brevi gli eventuali eccessi di ombre erano tollerabili, ma per un’opera di fiction i risultati andavano, ovviamente, ben calibrati sia per la questione della lunghezza sia per mantenere l’armonia del quadro. Qualcosa insomma che nell’essere realistico non dimenticasse di essere bello. Il controtipo negativo è il duplicato del negativo originale in bianco e nero utilizzato per la stampa delle copie, quello che per il colore è l’internegativo. Per resistere a ulteriori processi di controtipaggio, cioè alla produzione di un positivo che poi sarebbe stato ri-fotografato ottenendo un nuovo negativo e quindi un nuovo controtipo e amplificare l’effetto di granulosità e contrasto, bisognava agire già in fase di ripresa, come aveva insegnato l’esperienza di Kapò in cui si era cercato di porre rimedio a una fotografia troppo leccata solo in fase di post-produzione. Così, per non avere aree illeggibili, si presero due precauzioni: si girò, su consiglio di Gatti, con una pellicola morbida, la Dupont 4, che avrebbe attutito il contrasto e non si girò mai al sole: le aree esterne venivano coperte con tendoni molto ampi. Per evitare però di banalizzare e appiattire la fotografia, Pontecorvo cercava di avere delle fughe di luce, uno sprazzo piccolo ma molto forte che tutto quel nero lo sfondasse. Una sorgente bianca che conferisse forza, carattere alla fotografia. Dove la fotografia sfonda davvero invece è nel momento in cui arrivano i parà dalla Francia: nel loro chiarore marziano sembrano sbarcati da un universo altro. Comunque il risultato è talmente realistico che, quando i colleghi americani videro il film, consigliarono di apporre un warning in testa: “No one feet of newsreel was used”, nessun filmato d’archivio è stato utilizzato, perché altrimenti nessuno ci avrebbe creduto…