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Speciale Luis Buñuel

Nonostante la difficile situazione dovuta all’emergenza sanitaria nazionale, arriva in sala oggi un film curioso dedicato ad uno dei più grandi maestri del cinema mondiale, Luis Buñuel. Buñuel nel Labirinto delle Tartarughe è una docu-animation-fiction che racconta la vera storia di come il grande regista spagnolo, dopo l’ostracismo incontrato da L’age d’or, film manifesto del surrealismo che suscitò un grande scandalo, è riuscito a realizzare Las Hurdes, un documentario su un’area della Spagna completamente abbandonata dal governo nella miseria.  Noi di CG Entertainment vogliamo ripercorrere in alcune tappe essenziali la carriera di quello che Henri Langlois, fondatore della Cinémathèque française di Parigi, ha definito: “Il Minotauro dell’arte cinematografica. […] Luis Buñuel è, nello stesso tempo, Teseo e il Minotauro, il torero e il toro, da cui la tragica bellezza, l’intensità, la violenza e la magia sensuale dei suoi film.”

L’ESPLOSIVO ESORDIO: UN CHIEN ANDALU

“Octavio Paz ha detto: ‘basta che un uomo incatenato chiuda gli occhi, perché possa far esplodere il mondo’, e io, parafrasando, aggiungo: basterebbe che la palpebra bianca dello schermo riflettesse la luce che le è propria, per far saltare l’universo”  Così si è espresso  Luis Buñuel, in una conferenza all’Università di Città del Messico, nell’autunno del 1958, riferendosi al suo film d’esordio, un cortometraggio realizzato nel 1928 insieme al suo compagno inseparabile dell’epoca, il funambolico Salvado Dalì. Impenetrabile, sorprendente, diverso da qualsiasi cosa di visto fino ad allora: quello che è considerato il manifesto del cinema surrealista sfugge ad ogni genere di interpretazione. Davvero è il frutto della rappresentazione dei sogni di Dalì e Buñuel? E l’icona lama che trafigge l’occhio cosa vuole rappresentae davvero? Nella mancanze di risposte precise, nonostante le tantissime interpretazioni fatte negli anni, sta il grande fascino del film.

ATEISMO ED ANTICLERICALISMO

Buñuel aveva passato l’infanzia e l’adolescenza in un Collegio di Gesuiti a Saragozza, dal quale venne cacciato nel 1915 per le sue idee anticlericali e per il suo comportamento insofferente alle regole. Da allora l’anticlericalismo è stato uno dei nodi centrali di tutta la sua opera, a partire da il suo secondo film, L’Age d’Or (1930), che presenta numerosi riferimenti alle opere di De Sade e materiale scandaloso per l’epoca: viene attaccato dalla stampa di destra e sequestrato dalla polizia.  Buñuel non avrà problemi ad ammetterlo: “Io sono profondamente e coscienziosamente ateo, e non ho nessun tipo di problema religioso. Anzi, attribuirmi una tranquillità spirituale di tipo religioso è innanzitutto non capirmi, e poi offendermi. Non è Dio che mi interessa, ma gli uomini”. Ma l’ateismo non era ancora un concetto accettato pacificamente dall’opinione pubblica, nemmeno nella più moderna America: dopo il suo esilio dalla Spagna di Franco, infatti, Buñuel aveva trovato lavoro presso il Museum of Modern Art come direttore del doppiaggio in spagnolo di film, ma venne licenziato perché Dalì in un articolo lo aveva definito ateo.

GLI ANNI IN MESSICO

Buñuel, in fuga dalla guerra civile spagnola e non ben voluto a New York, si rifugia nel 1946 in Messico, dove capisce che l’unico modo di poter continuare a lavorare nel cinema è quello di scendere a qualche compromesso. Dirigerà quindi una serie di pellicole commerciali Susana (Adolescenza torbida) e El bruto. Nel 1950 riesce a convincere il produttore Oscar Dancigers a dargli di nuovo mano libera: nasce Los olvidados, che narra in maniera quasi onirica le vite disperate dei ragazzi di strada messicani e gli vale la Palma d’Oro per la Miglior Regia al Festival di Cannes. Da questo momento Buñuel diventa il regista in lingua spagnola più influente e originale nel panorama internazionale ed inizia ad avere più libertà di espressione. Nel 1959 realizza il meraviglioso Nazarìn, che narra la storia di un prete che si spinge ad imitare Gesù fino alle estreme conseguenze. In Francia esplode la Nouvelle Vague e Bunuel diventa uno dei punti di riferimento dei giovani registi come Jacques Rivette e Jean-Luc Godard.

BREVE RITORNO IN SPAGNA

La sua fama oramai all’apice lo spinge a tornare in Spagna, dove però non si smentisce e gira lo scandaloso Viridiana (1960), storia di una novizia che decide di privarsi dei suoi beni per darli ai poveri: il film vince nel 1961 la Palma d’Oro a Cannes, ma viene accusato di blasfemia. La censura si scaglia sul film, portando addirittura alla destituzione del direttore generale del cinema di Spagna ad opera del Consiglio dei Ministri.

LA FRANCIA E JEAN-CLAUDE CARRIERE

Dopo un breve ritorno in Messico, dove dirige il capolavoro L’angelo sterminatore, sarà la Francia il paese che Buñuel sceglierà per realizzare le sue prossime opere, quella Francia dove aveva conosciuto e sposato l’avanguardia surrealista e aveva dato il via ad una delle carriere più sorprendenti della storia del cinema mondiale. Qui stringerà un sodalizio con il grande sceneggiatore Jean-Claude Carrière, con cui collaborerà per tutti i prossimi film, come Bella di giorno (1967), che indaga le fantasie erotiche della protagonista interpretata da Catherine Deneuve e vince il Leone d’Oro al Festival di Venezia, e Il fascino discreto della borghesia (1972) corrosiva satira sull’alta società che conquista addirittura il premio Oscar come Miglior Film Straniero.

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