Ci ha lasciato ieri a 93 anni uno degli ultimi grandi registi che hanno fatto la storia del cinema italiano, “Giulianone”, come sembra che lo chiamasse Federico Fellini o “Maciste”, altro nomignolo usato per sottolineare la sua statura imponente, l’andamento solido, ma elegante. Giuliano Montaldo era nato a Genova nel 1930, figlio di un partigiano che aveva fatto la Resistenza, e rimarrà per sempre legato ad un atteggiamento anche artistico di impegno civile, ad uno sguardo sempre decisamente fermo sugli eventi del passato, alla riflessione su come questi abbiano influenzato quello che è venuto dopo. La sua carriera artistica inizia nel mondo della recitazione, prima teatrale e poi cinematografica (sarà attore in Achtung, Banditi! e Cronache di poveri amanti di Carlo Lizzani, tra gli altri) per poi passare dietro la macchina da presa come assistente dello stesso Lizzani, Gillo Pontecorvo, Elio Petri. Il suo esordio come regista avviene nel 1961 con il film Tiro al piccione, tratto dal romanzo di Giose Romanelli, che racconta la storia di un repubblichino la cui fede fascista vacilla, fino a sbandare completamente. Presto dimostra, come del resto uno dei suoi maestri, Elio Petri, di saper coniugare impegno politico a sapiente lavoro sui generi: i suoi film hanno un respiro internazionale, un ritmo avvincente, come Gli intoccabili (1969), un thriller ambientato in America che ha nel cast anche John Cassavetes, Gott mitt uns del 1970, che racconta la fuga di due ufficiali tedeschi dal fronte occidentale verso la Germania (nel cast Franco Nero e Bud Spencer), o il grande successo Sacco e Vanzetti, che racconta la tragica vicenda dei due anarchici italiani (interpretati da Riccardo Cucciolla e Gian Maria Volonté) giustiziati nell’America degli anni ’20. Negli anni settanta torna a lavorare con Volonté facendogli vestire i panni di Giordano Bruno (1973), adatta uno dei libri cardine della Resistenza italiana, L’Agnese va a morire di Renata Viganò, con protagonista l’attrice bergmaniana Ingrid Thulin, dirige un gioiello adesso introvabile come Il giocattolo prodotto da Sergio Leone con protagonista Nino Manfredi nei panni di un pacifista costretto ad abbandonare le sue idee concilianti. Negli anni ’80 si dedica principalmente ai lavori per la televisione dirigendo uno dei più memorabili sceneggiati dell’epoca, Marco Polo, e si cimenta con la fantapolitica in un film nato da un’idea di Piero Angela, Il giorno prima. Tra gli ultimi suoi film, meritano attenzione Tempo di uccidere (1989) e Le stagioni dell’aquila (1997). Negli anni a cavallo tra i due secoli Montaldo ha rivestito ha rivestito la carica di presidente di Rai Cinema, supervisionando la politica produttiva della televisione pubblica in ambito cinematografico.